Riciclare, voce del verbo… Ridare senso a cose ed oggetti che hanno già dato il loro servizio ma che sono ancora buoni per essere nuovamente utilizzati.
Questo accade in ogni ambito: la materia si trasforma, ma non perde la sua consistenza e l’essenza acquisita dal suo utilizzo, cosicché possa essere riadoperata.
Il consumismo sciupa il nostro sentire, quel sentire sensibile alle vere necessità, quelle necessità che non danno importanza alla sola e superficiale forma, ma che si nutrono della bella energia che questi oggetti hanno accumulato nell’essere utilizzati.
Come gli utensili da cucina, quelli della nonna che sono pregni di una storia fatta di lavoro, metodicità, valori della vita, quei valori legati all’attesa del pranzo da condividere tutti insieme, aspettando di essere seduti tutti a tavola per sancire il momento del pasto con una preghiera.
Per questo è bellezza ciò che comunica un vecchio ramaiolo di latta, o un vecchio colino deformato ma ancora funzionale a rendere sacro l’ennesimo sorso di thè, un rito che onora la presenza nella vita con la condivisione.
Così, come in ogni ambito, anche nelle nostre case e nei nostri giardini possiamo nutrire la nostra quotidianità riutilizzando mobili, oggetti e complementi che hanno assistito a scene di vita, assorbito il calore di accadimenti e che, come tutto ciò che rimane, rimanda a bei ricordi, ripulendosi da quelli non belli, non veri, deformazioni di pezzi di vita ancora da forgiare e che la cenere dell’esperienza porta via dissolvendo ogni rancore.
Enrica Battaglia